lunedì 2 gennaio 2012




L'operazione incrociata di due giovani artisti locali: le sculture di Giuseppe Dilorenzo e il reportage fotografico di Marco Minischetti sui processi di estrazione e lavorazione dell'argilla.
"Chi lavora con le mani è un manovalente.
Chi lavora con le mani e l’intelligenza è un artigiano.
Chi lavora con le mani, l’intelligenza ed il cuore è un artista".

"Non ricordo dove e quando abbia letto questo aforisma, ma ho sempre pensato che fosse la definizione più appropriata per designare un artista.
Le opere d’arte non si basano mai sul nulla, prendono vita dalle dissertazioni interiori, dalle allusioni con la storia dell’arte e dai legami con il luogo di appartenenza. Vivo in questa terra, una terra rossa, una terra modellabile ed è proprio la modellazione di questa terra che da forma a queste opere..." (Giuseppe Dilorenzo).

Giuseppe Dilorenzo (Rutigliano, 1985), artista/scultore, laureando in architettura presso il Politecnico di Bari, già da bambino si aggiudica il primo premio al concorso del fischietto in terracotta nel suo paese d’origine. Durante il suo percorso formativo è coinvolto in diversi eventi creativi del territorio collaborando con Legambiente e Pro Loco e realizzando per quest’ultima un presepe in pietra lungo 5 metri presso il Palazzo Poli in Rutigliano. Diplomatosi al liceo Artistico G. De Nittis di Bari, implementa e raffina qui le tecniche di lavorazione e pitturazione della terracotta. In quegli anni Giuseppe realizza una serie di corpi femminili di grandi dimensioni. Dal 2003 partecipa a vari concorsi artistici, tra cui quello del Fischietto di Rutigliano la cui giuria popolare gli riserva quattro vittorie, due delle quali come primo classificato. Richiami alla letteratura e alla storia dell’arte, la rielaborazione in chiave moderna dei miti del passato, la modellazione della materia e l’indagine sulla figura umana, nella sua perfezione e sensualità erotica, sono, in contrasto con l’attuale evanescenza virtuale, i temi su cui insistono le sculture di Giuseppe Dilorenzo.

Marco Minischetti (Noicattaro, 1983) Studia e si diploma come informatico. Dal 2003 si appassiona alla fotografia e scopre che è il medium che meglio rappresenta il suo linguaggio, il proprio modo di misurarsi col mondo. Studia da autodidatta i maestri della fotografia contemporanea, Erwitt, Mc Curry, Salgado che diventano i suoi artisti di riferimento aprendogli nuove dimensioni dell’osservare e spingendolo all’azione del fotografare. Sceglie come soggetti principali la gente e, come luogo, la strada. Nascono i primi progetti a lunga durata sul mondo agricolo e l’inquinamento, tutt’ora in corso. Nel 2010 prende forma il progetto “Mani d’argilla”, racconto fotografico/reportage che scava nella tradizione rutiglianese dei “Figuli”.
La citazione che ben riassume il suo lavoro: “Piu’ che la fotografia in se, amo i luoghi in cui essa mi porta”.




martedì 21 giugno 2011

PREAMBOLO


Vi dirò della tradizione e dei modi di lavorare la terra nel mio paese ‘fischiando’.



Il fischio è un suono acuto prodotto dall’espirazione dell’aria che attraversa le labbra e la lingua opportunamente giustapposte; in alternativa è possibile produrre il suono attraverso un oggetto che simuli l’apparto umano.
Il suono ha sempre accompagnato l’uomo sin dalla sua comparsa sulla terra. Fischiare aiutava ad allontanare il maligno ed era propiziatorio alla caccia ed ai riti magici. Fischiare era ed è segno di disapprovazione l’esatto opposto dell’applaudire. Assieme a campane ed altri rozzi strumenti, le antiche civiltà cinesi, allontanavano il maltempo e le nuvole che coprivano il sole, si pensava che gli spiriti spaventati fuggissero via.  Per non andare molto indietro basti pensare all'ultimo giorno dell’anno, quando botti e petardi con il loro frastuono cacciano via l’anno vecchio.


Fischietto sezionato

Ora vorrei parlarvi della figura ironica in terracotta e dalla provenienza di questi piccoli manufatti. Fin dall’antichità, la necessità di cucinare e conservare i cibi, ha spinto l’uomo a creare dalla terra cruda piccoli manufatti per uso domestico e oggetti di uso quotidiano come statue e giochi. Quindi dalla presenza di materia prima, l’uomo, ha dato origine ad una vasta produzione di oggetti tra le forme più svariate. 

Giocattoli in terracotta V-IV sec a.C.

Da dove derivi precisamente la “statuetta fischiante” non è noto, però si è avvalorata l’idea che possa avere un suo predecessore in manufatti risalenti al periodo romano, quando durante la festività dei Saturnali, ci si scambiava e venivano offerte queste “statuette” (sigilla), fatte con cera o pasta, per scopi diversamente attestati dalle fonti; dovevano considerarsi un'offerta al dio Saturno, inteso come dio degli Inferi, quasi a scongiurare la propria morte: l'offerente dava al dio il sigillum in sostituzione della propria persona.

Sigillaria IV sec d.C.

Si immagini ora che l’uomo, forse nel basso medioevo (come attesta il più antico rinvenimento nella grotta di Cala Scizzo a Torre a Mare), o prima, abbia riprodotto l’oggetto fischiante in un momento di svago e lo abbia poi fuso alla “statuetta”. Forse nasceva così o forse in altro modo, fatto è che con il tempo l’artista creatore, ha dato origine a questi manufatti realistici o paradossali, prendendosi gioco di gente comune o autorità, e talvolta diventando pegno d’amore e sinonimo di fertilità.

Fischietto in terracotta rinvenuto nella grotta di Cala Scizzo, Torre a Mare


A Rutigliano la presenza di materia prima ha da sempre favorito lo sviluppo di questo artigianato, fino ai giorni nostri. Già dal V millennio negli insediamenti neolitici di Rutigliano si è attivato un costante  sfruttamento dei suoli per la produzione di vasellame e ceramica varia, come testimoniano gli innumerevoli ritrovamenti.

Terra rossa estratta a Rutigliano

Come ogni tradizione vuole, il sacro si mischia al profano, così l’asceta che vagò per il deserto, prendendosi gioco del demonio, divenne il miracoloso Santo guaritore e protettore degli animali. Ed è nel Medioevo che  il culto di Sant’Antonio Abate approdò in tutta l’Europa e per capillarità anche a Rutigliano.
Il bestiame motore e mezzo di una società prettamente agricola, venne “protetto” dal Santo a cui venne dedicata una festa il 17 Gennaio dove tra pignate, tegami e frutta secca trovavano posto i fischietti.